Rivista Anarchica Online
Bertoni e Berneri nel giudizio di Mussolini
di Giuseppe Galzerano
"Berneri - ammette il duce- nobile nemico che ebbe buone ragioni per non credere
al mio amore per la
libertà"."Il mio socialismo è nato bakunista, alla scuola del socialismo di mio padre, alla scuola
del socialismo
libertario di Blanqui" e più avanti, parlando di Stirner, ha la sfacciataggine di qualificarsi "anarchico
per istinto,
libertario per presunzione, rivoluzionario per vagheggiamento dei tempi nuovi", e ricorda d'aver appreso da suo
padre internazionalista, seguace di Bakunin, che l'anarchia "è la libertà posta al principio della
via che ha nome
rivoluzione". Ad esprimere questi concetti, questi nostalgici ricordi politici, tra gli anni che vanno dal 1934 al
1943, è - incredibile ma vero - Benito Mussolini, persecutore del popolo italiano e fucilatore degli
anarchici
Michele Schirru e Angelo Sbardellotto, rei di aver avuto l'intenzione di liberare l'Italia dalla tirannia sua e del
fascismo. Il dittatore trova conveniente fare sfoggio di anarchismo, ricordando le sue vecchie amicizie con gli
anarchici, come Malatesta, Bertoni ed altri e riferendosi ad alcuni colloqui avuti, sempre su Stirner, con l'allora
anarchico Libero Tancredi, Mussolini precisa che "in tema di rispetto per l'anarchia, mi fermavo a Malatesta,
a Berneri, a Luigi Fabbri. E, più in là, non andavo. Così come soltanto a Cafiero amico
di mio padre io potevo
far risalire il mio rispetto per Stirner". In verità Mussolini, ricordando i suoi anni giovanili non mente,
perché
ebbe dei contatti col movimento anarchico, collaborò col periodico "Il Risveglio" di Bertoni, che si
stampava
in Svizzera, tradusse alcune opere di Kroptokin, ma quando la polizia elvetica lo qualificò "anarchico"
egli
protestò e in diverse occasioni si presentò come "socialista rivoluzionario" e in una lettera al
deputato socialista
svizzero Adrien Wyn, nel maggio del 1904 scriveva: "Vi si dirà che sono anarchico. Ebbene compagno,
niente
di più falso". Colloquiando con Yvon de Begnac, Mussolini ricorda: "Il caro amico-nemico Luigi
Bertoni ci
accusa di continuato tradimento della fede anarchica della nostra giovinezza. Luigi Bertoni ultimo idealista tra
gli anarchici italiani, italianissimo ticinese e italianissimo cittadino del mondo, continua a pensare che l'averci
aperto agli inizi del secolo le colonne del "Risveglio" abbia corrisposto ad una investitura anarchica elargitaci
sotto la specie dell'eternità. Ogni rivoluzionario nasce anarchico" e mentendo con la verità e
con la storia arriva
a dichiarare che "la componente anarchica era evidente nell'animosità delle squadre che si preparavano
alla
conquista di Roma. Ogni minoranza armata è gelosa custode di un proprio anarchismo. Ciò
è nella storia. Non
esiste volontarismo che non faccia appello alle scaturigini anarchiche della rivolta contro l'esistente". E si vanta
che in occasione della conquista del potere "persino taluni anarchici di Newark di Barre Vermont mi inviarono
i loro saluti", ma non sappiamo fino a che punto Mussolini è credibile, né - se il fatto è
vero, pur trattandosi di
semplici "saluti" - fino a che punto questi cosiddetti anarchici fossero poi realmente anarchici. Questa
piccola antologia, ed altro ancora, si trova nel volume di Yvon De Begnac "Taccuini mussoliniani"
(Editrice Il Mulino, Bologna, 1990, pag. 666, L. 54.000). L'autore, che è stato un fascista,
ebbe un rapporto
preferenziale col duce, e secondo alcune voci il giovane De Begnac sarebbe stato figlio illegittimo dello stesso
dittatore. De Begnac ebbe con Mussolini moltissimi incontri, durante i quali il dittatore parlava liberamente,
ricordando - in lunghi monologhi, che non sappiamo fino a che punto sono stati fedelmente registrati - momenti
della sua vita, le sue idee, i suoi rapporti con compagni-nemici, protagonisti di una stagione rivoluzionaria che
Mussolini aveva ormai rinnegato e vilipesa. Si trattò di un'intervista anomala, che vede la luce solo
adesso, e
che durò quasi un decennio. Questi taccuini, in cui vengono ordinati e riportati i monologhi del duce,
ci offrono
l'occasione per una conoscenza più approfondita della controversa figura di Mussolini e ci offrono, per
certi
aspetti, un "ritratto biografico" ed ideologico del duce, il quale continua a dedicare molte delle sue riflessioni
agli anarchici e all'anarchia. Lo fa in maniera confusa e ambigua, ma riteniamo utile offrire ai nostri lettori
questa antologia, che ci testimonia un pericoloso sdoppiamento della personalità e del pensiero politico
di
Benito Mussolini, nel quale affiorano i suoi sentimenti antimonarchici perché ricorda d'aver concordato
con De
Ambris quando riconosceva che "la bandiera rossa e nera di Cafiero a San Lupo aveva maggiore signifcato
storico dello stemma dei Savoia". Parlando, poi, della Spagna e di Franco riconosce: "I rivoluzionari
più coerenti sono stati gli anarchici di
Catalogna (...) questi lavoratori erano i figli e i nipoti di Francisco Ferrer" e riconosce pure che in Spagna gli
anarchici "assunsero un ruolo vivificante". Poco dopo afferma: "Il maggio del 1937 verrà ricordato
come il mese
del massacro della libertaria intelligenza catalana che ha avuto come guida gli uomini del più puro
anarchismo
italiano", tra i quali annovera Camillo Berneri, al quale però rimprovera "la massima tra le
imprevidenze:
lasciarono ai comunisti libertà di ingresso nel potere" e dice di aver provato "grande amarezza" nel
sapere che
"gli italiani con passaporto russo hanno assassinato italiani combattenti nel nome dell'anarchia intesa come
guerra alla guerra". I termini sono posti sempre sotto l'accento di un esasperato nazionalismo, ma sorvola sul
fatto che gli anarchici vengono uccisi anche da altri italiani con passaporto italiano, ovvero dai
fascisti. Dicevamo di un Mussolini sorprendente ed inedito, ma non sappiamo fino a che punto sincero,
né sappiamo
quanto queste riflessioni siano autentiche né quanto siano state eventualmente manipolate da Begnac.
Sentitelo,
probabilmente bestemmiare e mentire quando afferma: "Personalmente, la morte di Berneri mi ha
profondamente addolorato" per continuare col dire che Berneri è stato "un nobile compagno di fede"
di Bertoni
e ritiene quest'ultimo "un generoso rivoluzionario", del quale non si stanca di ricordare che "fu il primo a
porgermi un aiuto negli anni della mia emigrazione in Svizzera. Da allora, prima di allora, ancor oggi, egli ha
sempre dato testimonianza della sua fedeltà a Bakunin, a Blanqui". E ritornando a Berneri afferma:
"Berneri
non era un tipo da sopportare sopraffazioni comuniste. Lo so fin dai remoti anni in cui, in qualche modo, diede
una ragionevole, se non del tutto ragionata, interpretazione della mia personalità". Mussolini si riferisce
allo
studio di Berneri "Mussolini gran actor" pubblicato per la prima volta a Barcellona nel 1934, e pubblicato in
italiano nel 1966 e recentemente riproposto dalle Edizioni dell'Archivio Berneri di Pistoia. "Conosco - continua
ancora Mussolini - bene l'acume intellettuale, la passionalità di Berneri" e di fronte al suo interlocutore
incredulo e sbalordito, Mussolini dice:"Non vi meravigliate, Yvon, se io stesso faccio l'elogio funebre di Berneri
e dei suoi compagni. Ma essi furono veramente uomini d'onore. Volevano una libertà spagnola a misura
delle
loro idee. Capirono, quand'era troppo tardi, che la libertà franchista (sic!) non avrebbe mai garantito
agli
anarchici libertà di accesso alla storia. Ma capirono, anche, che la libertà comunista -
libertà di porgere i polsi
alle manette del bolscevismo "in più paesi" - era, ancor più, negazione di ogni libertarismo
spagnolo. La libertà
franchista, fondata sull'autonoma ed autoctona unità nazionale, che non è invenzione di Franco,
disse Berneri
sino al giorno in cui la sorte gli riconobbe il diritto alla parola, è il primo nemico. Accade sempre
così agli
anarchici in buona fede. Assalgono il potere che ancora non è e si espongono all'attacco mortale del
potere, al
quale, improvvisamente si sono alleati". "Se il buon Bertoni - continua Mussolini nel monologo - che ancora
oggi non crede alla riconoscenza antica che io nutro nei suoi riguardi; se il buon Bertoni vi riceverà
ancora nella
sua tana ginevrina di rue des Savoies, diteglielo che Mussolini è sempre il medesimo uomo dei tempi
della
giovinezza svizzera. E, oggi, commemora entro sé la vita di Camillo Berneri, nobile nemico che ebbe
buone
ragioni per non credere al mio amore per la libertà, ma che - certamente - non ne ebbe alcuna per siglare
con
i bolscevichi di Catalogna quel patto di unità - anarcocomunista, in questo caso - che lo avrebbe
condotto a
morte. Perché, ne sia certo Luigi Bertoni, Berneri non fu assassinato dal potere governamentale, dai
destri del
governo repubblicano, ma dai bolscevichi italo-russi che lo temevano più di quanto non temano il
generalissimo
Franco (...) Se vi è stato eroismo nella Spagna governamentale, questo appartiene alla disperazione di
Berneri
e dei suoi compagni. Costoro sapevano di non poter rivoluzionariamente contare sull'aiuto delle grandi
democrazie". Stando a quello che scrive Yvon De Begnac, Mussolini attribuiva grande importanza alle sue
riflessioni sull'anarchismo ed aveva predisposto uno schema dei colloqui e il capitolo 20 era intestato a Sacco
e Vanzetti (sui quali ci sono poche battute), mentre il 25° doveva essere intestato "Spagna e Berneri",
probabilmente per portare avanti le sue speculazioni politiche, di alcune delle quali abbiamo ritenuto opportuno
informare i nostri lettori.
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